Con il termine “gotta” si intende una malattia infiammatoria acuta, caratterizzata dall’eccesso di
acido urico nel sangue (iperuricemia) e dalla conseguente sua deposizione sotto forma di cristalli.
Tale sostanza, normalmente presente nel nostro corpo, deriva direttamente dal metabolismo delle
purine, essenziali per la costruzione degli acidi nucleici.
Livelli normali di acido urico, che oscillano fra 4 e 6 mg/dl, garantiscono una sua fisiologica
escrezione attraverso le urine. Al contrario, una sua over-produzione o una sua ridotta escrezione
possono determinare dolore intenso, arrossamento e gonfiore articolare, sintomi tipici della gotta.
L’articolazione più frequentemente colpita è quella metatarso falangea dell’alluce, anche se di
fatto l’accumulo di acido urico può interessare anche altre sedi come caviglie, ginocchia, polsi,
gomiti reni e lobi delle orecchie.
La gotta colpisce circa l’1% della popolazione, maggiormente adulta e di sesso maschile e si
manifesta spesso in concomitanza a sovrappeso, obesità, ipercolesterolemia e ipertrigliceridemia.
Ecco perché, accanto ad una fondamentale terapia farmacologica, è importante seguire alcune
norme dietetiche e comportamenti ben studiati e calibrati che possono prevenire il disturbo,
correggerlo, evitarne un’esacerbazione o anche semplicemente modificare i disordini metabolici
associati.
La terapia dietetica
Alla base della terapia dietetica vi è sicuramente un eventuale raggiungimento e il mantenimento
di un peso corporeo desiderabile. Ridurre il peso in eccesso infatti è di sicuro l’arma più efficace
per combattere l’iperuricemia.
Considerando però che, in caso di gotta, l’organismo presenta una ridotta capacità di smaltire le
purine, da cui poi deriva l’eccesso acido urico, è di fondamentale importanza seguire una dieta
povera di purine, contenute per lo più in legumi e carni (Tabella 1).
Accanto ad alimenti (da 150 a 800 g di purine ogni 100 g) che dovrebbero essere totalmente
eliminati nella dieta di un paziente con gotta, ve ne sono altri (fino a 150 mg di purine ogni 100 g)
che dovrebbero essere consumati in porzioni giornaliere di massimo 100 g e altri ancora che
possono essere utilizzati senza limitazioni pur avendo un discreto contenuto di purine (fino a 15
mg ogni 100 g).
Alimenti ad elevato contenuto di purine (da 150 a 800 mg/100 g)
Fegato, rognone, cervello, cuore, selvaggina, aringhe, crostacei, acciughe
Alimenti ad contenuto intermedio di purine (da 50 a 150 mg/100 g) Carni, pollame, pesce, salumi, insaccati, piselli, lenticchie, fagioli, asparagi, spinaci, funghi, cavolfiori
Alimenti a basso contenuto di purine (da 0 a 15 mg/100 g)
Latte, uova, formaggi, verdure e ortaggi, frutta, pasta, riso
Tabella 1: Contenuto in purine dei principali alimenti (Manuale di Nutrizione Applicata, Ricciardi, IV Edizione)
Iperuricemia e rischio cardiovascolare
Occorre considerare inoltre che l’iperuricemia rappresenta un marker dell’infiammazione ed è
associata in modo variabile a morbilità e mortalità cardiovascolare.
Secondo le ricerche che si sono susseguite negli ultimi anni, infatti, livelli fuori-range di acido urico
sono responsabili di 4 infarti su 10: pare infatti che, considerata la soglia attuale di rischio fissata a
6 mg/dl, per ogni incremento di 1 mg fino al 26% il rischio di complicanze cardiovascolari e di
mortalità.
Uno studio del 2010, prendendo i dati provenienti dal Cardiovascular Health Study (CHS) ha voluto
mettere in correlazione i livelli di acido urico in 5461 pazienti adulti di età maggiore a 65 anni con
gli episodi di scompenso cardiaco.
Effettivamente, quest’ultimi, al follow-up di 8 anni, si sono verificati nel 21% e nel 18% dei
partecipanti rispettivamente con e senza iperuricemia.
Utilizzato come variabile continua, è risultato che ogni aumento di 1 mg/dl di acido urico sierico si
associava a un aumento del 12% degli episodi di scompenso cardiaco.
Conclusioni
Un eccesso di acido urico sierico è una condizione molto più comune di quello che si crede. La
manifestazione di tale condizione coincide con la gotta per la quale, accanto alla fondamentale
terapia farmacologia, si inserisce una terapia dietetica di supporto mirata e calibrata, a basso
contenuto di purine.
In aggiunta, una conseguenza meno manifesta dell’iperuricemia è l’aumentato rischio di
scompensi e complicanze cardiache; a tal proposito, sarebbe bene monitorare frequentemente i
livelli sierici di questa importante sostanza.
AUTORE
Dott. Fabrizio D’Agostino
- Laureato in Scienze Motorie
- Laureato in Biotecnologie per la salute
- Laurea specialistica in Scienze della Nutrizione Umana
- Master in Dietetica Applicata allo Stile di Vita: dalla Sedentarietà all’Attività Sportiva
- Presidente della SIFA (Società Italiana Fitness e Alimentazione)
- Ideatore del software per l’allenamento Fitnessplay.net
- Ideatore del software nutrizionale Sifadieta.com
Bibliografia
Manuale di Nutrizione Applicata, Ricciardi, IV Edizione
Association between hyperuricemia and incident heart failure among older adults: A propensity-
matched study, O. James Ekundayo et al, Int J Cardiol., 2010
www.fondazioneveronesi.it