Allenamento Femminile: Biotipi, Microcircolo e Dimagrimento

L’allenamento giusto per la donna – Prima parte – Capillarizzazione

L’allenamento giusto per la donna – Prima parte – Capillarizzazione
14 Luglio 2020 Sifa-Formazione
In Blog, Fitness
«Siamo così, dolcemente complicate…» cantava Fiorella Mannoia in uno dei suoi più grandi successi discografici, Quello che le donne non dicono.
Complicata infatti è la fisiologia femminile che rende più ardua ogni strategia di allenamento volta a migliorare la composizione corporea e l’approccio alimentare, che dovranno differenziarsi per precise caratteristiche rispetto ai programmi attuati per i maschi.
Bisogna quindi individuare le caratteristiche peculiari del corpo femminile, comprendere i meccanismi della loro espressione e lavorarci nella maniera più consona.
A dispetto del titolo della canzone sopra riportato, il corpo femminile dice molto e fornisce svariati indizi utili a valutare il livello di fitness del soggetto, il comportamento alimentare nonché l’assetto psicologico e oggi, grazie al contributo della ricerca medica e biologica, mediante test e misurazioni appropriate, il Biotipo costituzionale indirizza il professionista verso un approccio specifico da attuare rispetto ad un altro.
Volendoci soffermare sul Biotipo più rappresentato della sfera femminile, ovvero l’ipolipolitico, dovremmo porre l’attenzione sull’accumulo localizzato di grasso ed acqua su cosce e glutei la cui espressione è multifattoriale ovvero esso si manifesta in conseguenza di ipocinesia ed iperalimentazione, rapporti compromessi tra estrogeni e androgeni, intossicazioni, processi infiammatori, iperlordosi, postura scorretta, alterazioni del microcircolo e iperproduzione di acido lattico.
Questi ultimi due aspetti sono molto importanti per strutturare un piano di allenamento biotipo specifico ed ideare un programma annuale di allenamento per la ricomposizione corporea.
Partiamo dal presupposto che nulla avviene per caso e tutte le azioni compiute da un essere umano hanno una motivazione, compresa quella di iniziare un percorso, spesso lungo ed impegnativo, di ricomposizione corporea. La leva motivazionale principale è la percezione negativa del sé e la presa di coscienza di voler migliorare la condizione estetica delle gambe gonfie e della pelle non più liscia e tonica. Come per un meccanico è necessario conoscere ogni componente del motore di una macchina per individuare un problema e risolverlo, così il trainer o il nutrizionista deve sapere cosa si cela dietro ad una pelle a buccia d’arancia per riuscire a convertirla in una pelle soda e gradevole allo sguardo e al tatto, altrimenti agirebbe brancolando nel buio o agendo per “sentito dire”.
In breve, la cute è il rivestimento più esterno del corpo umano, stratificato in epidermide, derma ed ipoderma, quest’ultimo suddiviso a sua volta in lamina superficiale, costituita da tessuto connettivo lasso dove si trovano gli adipociti che contengono i lipidi di riserva sotto forma di trigliceridi, che costituiscono il pannicolo adiposo, lamina intermedia e profonda. Tra la lamina superficiale e l’intermedia avviene lo scorrimento ed è possibile prendere la plica, elemento indispensabile per distinguere il biotipo e progettare, di conseguenza, piani dietetici ed allenamenti altamente personalizzati, come insegna la DietaCom.
A differenza dell’uomo, che presenta un ipoderma con fibre di collagene a nido d’ape, la donna ha le fibre di collagene orientate in maniera longitudinale, per cui quando si infarcisce il tessuto adiposo di grasso, l’espansione è diretta verso l’esterno provocando avvallamenti e conferendo alla pelle l’aspetto a buccia d’arancia.
L’ipoderma, a differenza del derma, è molto vascolarizzato per consentire lo scambio di elementi quali gli acidi grassi (tra adipociti e sangue) e, quindi, l’innesco del processo di dimagrimento.
Il rilascio di acidi grassi da parte della cellula adiposa al sangue può avvenire solo se i capillari sono in intima connessione con l’adipocita, ovvero se esiste un passaggio fisco tra le due strutture. Questa condizione, però, non è soddisfatta dove l’accumulo di grasso inizia a diventare importante perché, per natura, il tessuto adiposo produce infiammazione.
Se il processo infiammatorio fisiologico, volto a risolvere l’accumulo di grasso stesso, diventa cronico, le strutture interessate subiscono un rimodellamento con conseguente compromissione della funzionalità  capillare ed il rallentamento se non addirittura il blocco del processo di dimagrimento.
Alla luce di tutto ciò è lecito pensare che la prima cosa da fare in un percorso di ricomposizione corporea è ripristinare le condizioni ottimali del microcircolo mediante un approccio dietetico che preveda il consumo di:
  • Alimenti a base di antocianidine e polifenoli (come i frutti di bosco), resveratrolo (come l’uva nera, radicchio rosso, prugne e riso di venere)
  • Preparati a base di ippocastano, rusco, melioto, amamelide e centella asiatica
  • Integratori a base di Proantocianidine oligomeriche, Picnogenolo, Oxerutina , Vit B12 e Ac. Folico.
Gli elementi elencati danno tono, elasticità, resistenza ai capillari e contribuiscono al metabolismo dei globuli rossi e di molti altri processi importanti per la salute vascolare e circolatoria.
Il riassesto del microcircolo a partire dalla dieta non può prescindere da un’attività fisica specifica che tenga conto della biochimica, della biomeccanica e dai metabolismi energetici e, a tal proposito, viene strutturato un piano di allenamento, su base annuale, per la ricomposizione corporea della donna ipolipolitca.
Il programma prevede per i primi mesi un allenamento in sala pesi di capillarizzazione distrettuale, che consiste nell’attuare una serie di esercizi, con un basso carico, che allenino in sequenza regioni corporee che si trovano alla maggior distanza possibile tra loro come, ovvero l’esecuzione di movimenti con un range di ripetizioni tra 12 e 20 per il treno inferiore seguiti, senza pausa, da esercizi per il treno superiore.
Tutto questo richiede impegno da parte dell’apparato cardiovascolare, al fine di drenare e ridistribuire il flusso ematico da e in distretti corporei situati alle diverse estremità.
È considerato efficace perché permette un rapido reflusso dai distretti corporei inferiori e previene un eccessivo ristagno di acido lattico.
È ormai consolidato, infatti, che nel programmare una sequenza di schede di allenamento per la donna – in particolare se il soggetto sia inizialmente fuori forma e con alterazioni del microcircolo – produrre meno acido lattico possibile che, pur se fondamentale all’ipertrofia muscolare, è deleterio per un microcircolo già compromesso.
L’aumento oltre la norma dei livelli di cataboliti acidi nel microcircolo, infatti, può favorire attraverso l’abbassamento locale del pH modifiche conformazionali a carico di proteine plasmatiche chiave, quali la transferrina e la ceruloplasmina, con rilascio, rispettivamente, di ferro e di rame allo stato libero. Questi metalli di transizione a loro volta, attraverso la cosiddetta reazione di Fenton, possono catalizzare la conversione degli idroperossidi circolanti (derivanti dall’insulto ossidativo cellulare) in radicali liberi dell’ossigeno (alcossili e idroperossili) altamente lesivi, con conseguente disfunzione endoteliale e ossidazione delle lipoproteine.
Dovendo quindi porre le basi per il dimagrimento localizzato nei primi mesi di allenamento, l’attenzione del trainer sarà volta non all’ipertrofia, che in questo periodo andrà in secondo pano, bensì alla vascolarizzazione e alla diminuzione dell’infiammazione generale. Volendo mettere in pratica e portare sul campo di battaglia le nozioni riportate in questo articolo, ecco a voi l’esempio di un allenamento iniziale per la classica donna Ipolipolitica che si presenta in palestra citando la classica frase “il mio problema è la parte di sotto, voglio dimagrire le gambe e i glutei”:
È possibile modulare l’intensità di ciascun esercizio in funzione del livello di fitness del soggetto.
Ad esempio, l’esercizio N.4 “Corpo libero – Piegamenti delle braccia sulle ginocchia”, può essere eseguito come riportato per esprimere una media intensità oppure con i piedi puntati al suolo per renderlo più difficile o ancora  con le mani appoggiate al muro, quindi in posizione quasi verticale per diminuirne l’intensità.
Nei mesi successivi viene valutato se passare ad una nuova scheda che accompagna una fase successiva dell’allenamento, come l’adattamento ipertrofico del muscolo di cui parlerò nei prossimi articoli, oppure continuare a capillarizzare, mantenendo una scheda simile o la stessa scheda ma aumentandone l’impegno variando il minutaggio del cardio e l’inclinazione, inserendo piccole tecniche di intensità e aumentare di poco il carico.
Per leggere la seconda parte dell’articolo, clicca qui.
[Articolo pubblicato sul Magazine L’Accademia del Fitness]

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