PROMOZIONE DEL BENESSERE MUSCOLARE”
Valutazione dell’efficacia dell’olio di oliva nell’incrementare le lipoproteine di tipo HDL, didiminuire il tipo LDL e portare un miglioramento delle condizioni fisiopatologiche muscolari
Nella pratica clinica, l’insorgenza di problematiche a carico del sistema cardiovascolare è spesso associato ad una elevata concentrazione di lipoproteine nel circolo sanguigno, nello specifico del sottotipo LDL (Low Density Lipoproteins). Sono noti i meccanismi attraverso i quali l’ossidazione di questo tipo di lipoproteine possa promuovere la formazione di un focolaio infiammatorio che, tramite l’attivazione e successiva cronicizzazione di una risposta infiammatoria, si conclude con la generazione di placche ateromatose. Altrettanto noti sono i meccanismi di tipo anti-ossidante mediante i quali le lipoproteine di tipo HDL (High Density Lipoproteins) possono antagonizzare e limitare l’insorgenza del fenomeno ateromatoso. In questo articolo, si discutono diversi risultati ecentemente ottenuti che descrivono i potenziali benefici derivanti da un utilizzo regolare di olio di oliva, da tempo considerato uno dei componenti cardine della Dieta Mediterranea, in particolare nell’ambito di patologie cardiovascolari ed infiammatorie. Nello specifico, si evidenzia come l’olio di oliva, rappresenti un nutraceutico in grado di favorire l’innalzamento delle concentrazioni di HDL.
I report in letteratura riguardanti la Dieta Mediterranea sono molti e, in base alle evidenze riportate, alcuni degli alimenti in essa contenuti potrebbero essere a pieno titolo considerati utili al fine di allestire delle strategie alternative nei confronti di condizioni osservate frequentemente in clinica, quali le CVDs (Cardio-Vascular Diseases). Infine, l’apporto quotidiano e il regolare utilizzo di acidi grassi essenziali previsto in questo specifico regime alimentare, potrebbe essere in grado di promuovere il benessere muscolare e favorirne la ripresa di condizioni fisiopatologiche, quali ad esempio le osteoartrosi (OA) e l’artrite reumatoide (AR).
1. INTRODUZIONE
Nella diagnostica clinica e di laboratorio, i soggetti che presentano alti valori di lipoproteine di tipo LDL (Low Density Lipoproteins) vengono associati positivamente ad una maggiore incidenza di sindromi cardiovascolari [1]. Al contrario, in presenza di alti valori di lipoproteine HDL (high density lipoproteins) si riscontra una correlazione negativa con il rischio cardiovascolare. La modulazione della concentrazione plasmatica delle lipoproteine LDL e delle HDL può risultare una strategia efficace nella prevenzione delle CVDs limitando i fenomeni ossidativi e aumentando la capacità endogena ed esogena antiossidante. La formazione di una placca ateromatosa avviene a seguito dell’adesione, infiltrazione e deposito delle LDL alla tonaca intima dell’epitelio vasale e come strategia preventiva si può pensare a una riduzione di questo fenomeno tramite l’aumento della concentrazione di HDL. In particolare, la presenza sulle lipoproteine di tipo HDL della glicoproteina paraoxanosi-1 limita il fenomeno ossidativo del sottotipo LDL andando così a proteggere l’epitelio dalla formazione dal deposito e dall’inspessimento localizzato. [2]. Nella pratica clinica odierna, uno dei principali obiettivi dei protocolli terapeutici impiegati per il trattamento di pazienti affetti da ipercolesterolemia o iperlipidemia è mirato a ottenere l’abbassamento della concentrazione delle lipoproteine di tipo LDL nel circolo ematico, a cui si aggiunge il concomitante aumento della concentrazione del tipo HDL [3]. Al momento, come trattamento farmacologico d’elezione teso alla riduzione dei valori di LDL, i fa ricorso alle statine. L’efficacia farmacologica di questa classe di farmaci si basa sulla limitazione della produzione endogena di colesterolo, attraverso l’inibizione di tipo competitivo dell’enzima HMG-CoA reduttasi. Tuttavia, anche in combinazione ai fibrati e alle resine sequestranti sali biliari, le statine non si dimostrano efficaci nella prevenzione primaria o secondaria in quanto alla loro assunzione non è correlato un significativo aumento dei valori di HDL nel circolo ematico [4]. Pertanto,risultano nel loro insieme terapie di tipo limitativo, ma non preventivo. Differenti studi scientifici hanno inoltre dimostrato come il trattamento con statine possa portare ad un aumento di HDL. Una condizione quest’ultima che si presenta a valori non rilevanti[5] ai fini di una strategia preventiva nei confronti dell’ossidazione del sottotipo LDL e che si presenta come effetto a lungo termine in terapia [6]. Un miglioramento nei valori HDL all’interno del profilo lipidemico di un paziente, avrebbe un effetto protettivo nei confronti della formazione di una placca ateromatosa. Tuttavia, in tale contesto, la comunità scientifica ha da sempre ritenuto la dieta mediterranea equilibrata e con effetti positivi sulla salute, soprattutto per quanto concerne la prevenzione delle CVDs. Tale regime alimentare, ricco di antiossidanti e grassi di tipo mono- e polinsaturi apporta notevoli benefici al sistema cardiovascolare, muscolare e nervoso. Inoltre, le quantità di acidi grassi di tipo saturo presenti nella dietra mediterranea è compatibile con il giusto apporto lipidico secondo le stime LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento dei Nutrienti e di Energia).
Negli ultimi anni si sono raccolte diverse evidenze tanto in campo sperimentale quanto clinico in merito ai possibili metodi di regolazione della concentrazione di lipoproteine circolanti. Si è dimostrato come opportune modifiche allo stile di vita dei pazienti, quali innanzitutto una dieta a basso contenuto di grassi di tipo saturo in associazione ad una regolare attività fisica, possano risultare efficaci nel ridurre i livelli di colesterolo-HDL [7].
L’implementazione di nutrienti con un profilo lipidico ottimale e orientato al miglioramento del rapporto della concentrazione di HDL rispetto a LDL, può anche portare a un’azione preventiva nei confronti di patologie muscolari disabilitanti quali le osteoartrosi e l’artrite reumatoide. Nello specifico, la modulazione dei fattori pro-antinfiammatori quali TNF-α, IL-1β e IL-17 mediata dall’olio extra vergine di oliva, potrebbe contribuire alla prevenzione di alcune patologie degenerative a carico dell’apparato muscoloscheletrico. Gli studi più recenti pongono l’attenzione anche sulla natura delle componenti estratte dall’olio extra vergine di oliva, in particolare in funzione della loro natura e proprietà chimiche [8].
2. SVILUPPO
L’olio extra vergine di oliva è per definizione un prodotto alimentare ottenuto dalla prima
spremitura della drupe, spremitura a mezzo meccanico e senza processi di tipo chimico. Affinché l’alimento conservi le sue proprietà, è necessario mantenga dei precisi livelli di acidità, parametro che va a determinare il pH dell’olio extra vergine di oliva. Questo parametro viene espresso come la quantità di acidi grassi liberi di acido oleico (C 18:1) e, in rispetto della legislazione vigente in Italia, non deve superare una percentuale pari allo 0,8% in acido oleico (Acidità % < 0,8). L’olio extra vergine di oliva è costituito nella quasi totalità da lipidi; dove la quota saponificabile è organizzata in triacilgliceroli, mentre nella quota non saponificabile si trovano micro- e mcro nutrienti essenziali quali vitamine liposolubili, tocoferoli, B-carotene. E’ importante inoltre sottolineare la presenza di fitosteroli e polifenoli. Gli acidi grassi maggiormente presenti sono: acido oleico (monoinsaturo), acido palmitico (saturo), acido linolenico (ω6) e acido α- linolenico (ω3). Negli ultimi anni è stato rivalutato il ruolo degli acidi grassi di tipo polinsaturo, a favore degli acidi grassi di tipo monoinsaturo, che sembrano essere implicati aggiormente nell’apportare benefici a seguito di implementazione alimentare. In due gruppi di ratti aulti maschi, si è visto come l’aggiunta nell’alimentazione del 20% di olio extra vergine di oliva nel primo gruppo abbia restituito un miglioramento dell’espressione enzimatica testicolare on un miglioramento del profilo lipidico e nel rapporto LDL, HDL e VLDL. Mentre nel secondo gruppo alimentato aggiungendo il 20% di burro nella dieta, si è generato uno scompenso del quadro lipidico [9]. In uno studio randomizzato su 296 soggetti volontari ad alto rischio cardiovascolare, in un anno di intervento si sono valutati due gruppi con implementazione di olio extra vergine di oliva (n=100) e noci (n=100), confrontandolo con un terzo gruppo alimentato unicamente con una dieta a basso tenore di grassi saturi (n=96). Sui gruppi sono stati valutati i profili lipidici con particolare attenzione alla concentrazione di HDL plasmatica, all’attività della paraoxonasi-1 e alla capacità anti-ossidante endogena dei soggetti. Rispetto alla linea base di riferimento (P<0,001) l’intervento di implementazione con olio extra vergine di oliva ha portato un’aumentata capacità di esterificare il colesterolo (P=0,039), miglioramento della capacità vasodilatatoria delle HDL (P=0,026) eaumentata attività della paraoxonasi-1 (P=0,012); enzima che utilizza ioni di calcio per stabilizzare i substrati e gli stati di reazione, impiega inoltre due residui di istidina (His115 e 134) che sono coinvolti nel trasferimento di protoni, un acido glutammico (Glu53) per stabilizzare gli idrogeni reattivi e un Asparagina (Asn168) per stabilizzare gli stati di transizione e gli intermedi nel sito attivo. Inoltre, si è osservato un aumento significativo della concentrazione delle lipoproteine HDL [10]. Una review evidenzia come nell’utilizzo di quattro componenti della cosiddetta “dieta MediterraneAsiatica”, si riscontri un iglioramento del quadro lipidico si considerano nellospecifico bergamotto, olio extra vergine di oliva, riso osso fermentato e carciofo; questi alimenti possono essere interessanti in clinica come strategia preventiva alle CVDs e si conclude, tramite lo screening di 69 studi presenti in letteratura, che l’olio extra vergine di oliva innalzi i livelli plasmatici di HDL in modo variabile e statisticamente significativo. Si riscontra un’azione positiva derivante dalla presenza di acido oleico (monoinsaturo) nell’olio d’oliva e di polifenoli; dal punto di vista biologico, risultano in grado di incrementare le dimensioni e la stabilità di HDL, evitando in particolare i fenomeni ossidativi, deleteri a carico delle lipoproteine. Nel complesso, gli autori concludono che l’olio di oliva può contribuire a innalzare i livelli serici di HDL, che per azione indiretta e tramite meccanismi pro-antinfiammatori consentono di ridurre quelli di LDL [11]. Le osteoartriti sono considerate la principale causa mondiale di disabilità, l’evoluzione della
patologia comporta una progressiva infiammazione cartilaginea e sinoviale, con conseguente riduzione delle capacità motorie fino alla perdita di mobilità. Questo avviene a causa di uno scompenso nel bilancio tra i processi anabolici e catabolici che intervengono nel mantenimento della stabilità cartilaginea. Le osteoartriti e le artriti reumatoidi sono patologie a carattere degenerativo di tipo progressivo che hanno un forte impatto socio-economico, possono avere un approccio multidisciplinare ma i dati relativi alla applicazione di un regime alimentare di tipo mediterraneo, restituiscono risultati promettenti. In una review del 2014 condotta sugli studi presenti in letteratura dal 2003 al 2013 e riguardanti la correlazione tra dieta mediterranea, impiego di olio di oliva e il trattamento nutrizionale nell’insorgenza di processi infiammatori in pazienti con artrite reumatoide, si evince come i grassi polinsaturi producano miglioramenti clinici e inibizione dei fattori infiammatori responsabili delle AR. Nello specifico, si è reso evidente come l’olio d’oliva vada a ridurre i markers pro-infiammatori e lo stress ossidativo grazie a una forte azione antiossidante [12]. Quanto affermato, trova inoltre riscontri in uno studio condotto in vivo e in vitro; in cavie alimentate con un’integrazione di olio extra vergine di oliva e con un infortunio a
carico del legamento crociato anteriore, si riscontra un’aumentata espressione di IL-1 e lubricina, che contribuiscono al parziale recupero della mobilità articolare, unitamente a una blanda attività fisica [13]. In una review del 2016, si afferma che l’utilizzo quotidiano di nutrienti quali olio di oliva, di pesce ed estratti botanici, promuovano il mantenimento del bilancio anabolico e catabolico. Gli autori concludono che in questo modo si possa attuare una terapia nonfarmacologica atta a prevenire e curare le OA (osteoartrosi) [14]. Negli ultimi studi pubblicati in merito alla prevenzione delle OA si valuta l’efficacia dell’olio extra vergine di oliva a seconda della natura dei suoi estratti sia di tipo polare che apolare. Nel 2017, con l’intento di isolare le componenti presenti nell’olio extra vergine di oliva di origine Tunisina e di attribuire l’apporto benefico agli estratti polari piuttosto che agli apolari, uno studio ha dimostrato come su codrociti umani esposti a LPS gli estratti abbiano diminuito la sintesi di iNOS nei condrociti; non rilevanti sono stati i risultati in merito all’espressione di collagene-II. Si conclude quindi che l’olio extra vergine di oliva apporti benefici nella modulazione di iNOS, ma gli effetti osservati sono paragonabili nelle classi di estratti impiegati e nei due gruppi considerati: sostanze polari e apolari [8].
3. CONCLUSIONI
Le evidenze in merito alla capacità dell’olio extra vergine di oliva di modulare l’espressione delle lipoproteine di tipo HDL e di promuoverne l’aumento, sono numerose. Dal punto di vista eziopatologico, il processo ossidativo delle lipoproteine LDL rappresenta uno degli eventi più precoci nel processo di formazione della placca aterosclerotica. Al contrario, le HDL sono in grado di limitare l’insorgenza di tale fenomeno. Pertanto, la possibilità di incrementare la capacità antiossidante endogena mediante aumento dei livelli HDL risulterebbe potenzialmente rilevante ai fini della prevenzione delle CVDs. Inoltre, in maniera indiretta si ottiene anche una diminuzione della concentrazione plasmatica delle lipoproteine LDL tramite l’azione di paraxanosi-1.
Ovviamente, saranno necessari studi più vasti ed approfonditi prima di arrivare a definire dei protocolli terapeutici da impiegare in clinica. Tuttavia, il consumo quotidiano di olio extra vergine di oliva rappresenta una valida strategia preventiva, unitamente a una regolare attività fisica e uno stile di vita sano. L’olio extra vergine d’oliva può contribuire in misura importante allo stato di benessere del sistema cardiovascolare anche in concomitanza di trattamenti farmacologici di elezione, quali il ricorso a statine e fibrati. Tramite i nutraceutici in esso contenuti, questo alimento rappresenta una valida strategia di prevenzione verso stati fisiopatologici osteoarticolari e muscolari a carattere degenerativo quali osteoartrosi e artriti reumatoidi. Dagli articoli considerati, si evincono risultati apprezzabili soprattutto in merito al controllo e alla regressione del focolaio infiammatorio nei siti cartilaginei e sinoviali data la modulazione di iNOS, TNF-α, IL-1β e IL-17. Viene preservato lo stato di benessere muscolare e si osserva una parziale ripresa in un tessuto cartilagineo compromesso. Quest’ultimo fenomeno è garantito dal ripristino dell’equilibrio catabolicoanabolico,
conseguente all’aumento dell’espressione di IL-1β e di lubricina. Si può quindi concludere come l’integrazione quotidiana di olio extra vergine di oliva, secondo le quantità indicate dalle guide LARN, può avere effetti benefici sia sul sistema cardiovascolare tramite la modulazione di HDL e LDL, sia sul sistema osteoarticolare e muscolare tramite il riequilibrio dei sistemi antiossidanti endogeni.
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Dott. Benedetto Belfiore
Dottore in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche
Abilitato all’esercizio della professione di Farmacista